Termini come tensione, resistenza, potenza sono ormai di uso comune ma molte volte sono utilizzati in modo improprio anche da persone che si passano per qualificati.
Il problema diventa ancora più complesso quando si ha a che fare con i cosi detti motorini che sono il nucleo essenziale di buona parte dei nostri elettrodomestici.
Se ancora parlando di termini come tensione e resistenza l’utente é generalmente in grado di seguire il tecnico o il manuale di manutenzione, termini come spazzola, roto re, avvolgimento. indotto, causano un senso di sconforto che alla luce dei fatti non ha senso di esistere una volta che si è capito a cosa essi si riferiscono.
Va da se che il lettore che abbia già una conoscenza di base dell’elettricità può tranquillamente saltare il capitolo seguente che affronta specificatamente il significato dei term’ni di uso più comune inerenti ad apparecchiature dr uso domestico.
Per i lettori che non hanno già tali conoscenze quanto segue evita loro il ricorrere alla lettura di testi specializzati, generalmente costosi e complicati, e che difficilmente trattano i problemi inerenti all’elettricità cosi come si presentano nelle nostre case.
L’elettricità e i suoi fenomeni
Il paragone piú comune e che presenta in effetti la maggior analogia con la corrente elettrica é il fluire di un liquido all’interno di un tubo. La corrente elettrica può infatti essere vista come un qualche cosa che fluisce attraverso un filo di materiale conduttore cosi come un liquido scorre in una tubazione.
La corrente é vincolata a rimanere all’interno del filo dal fatto che la resistenza che si oppone al suo movimento é piú bassa attraverso il materiale che lo compone (generalmente rame) che non attraverso il materiale di plastica con funzione di isolante che lo racchiude.
Assimilando il rame al vuoto esistente all’interno dl una tubazione. lo strato isolante al tubo e la corrente all’acqua o qualsivoglia liquido l’analogia fatta risulta pienamente giustificata.
Così come per l’acqua che per poter scorrere all’interno di una conduttura vi deve essere immessa da un serbatoio (sia esso artificiale o naturale) anche per avere un flusso di corrente si deve ricorrere alla utilizzazione di apparecchiature che la generano e la forzano in movimento all’interno del conduttore.
Queste apparecchiature risiedono, per quello che riguarda l’elettricità utilizzata nelle abitazioni, nelle centrali di trasformazione che bruciando carbone o petrolio o utilizzando l’energia prodotta dallo scorrere dell’acqua: raccolta in bacini montani la producono in grandi quantità convogliandola poi ai singoli utilizzatori.
Un’ulteriore analogia può essere fatta per citi che riguarda la resistenza che si oppone al fluire del liquido in una conduttura o della corrente elettrica nel filo metallico.
La quantità di acqua che fluisce in un certo tempo attraverso una sezione della conduttura e che per unità di tempo definisce la portata del medesimo dipende in parte dalla pressione con cui vi viene immesso ed in parte dalla sezione del tubo stesso.
Cosi se una conduttura ha una sezione che è la metà di un’altra, la sua portata (liquido che fluisce nell’unità di tempo) risulterà essere la metà e si dirà avere resistenza maggiore.
Analogamente avviene per la corrente elettrica.
Un filo sottile permette il passaggio di una quantità di corrente elettrica minore di quella che, a parità di tensione, passa attraverso uno di sezione maggiore e si dice che offre più resistenza.
L’unità di misura utilizzata per indicare la resistenza offerta da un conduttore elettrico è chiamata Ohm mentre la quantità di corrente che fluisce è misurata in Ampere.
Maggiore è il numero di Ohm che caratterizza la resistenza di un conduttore, minore risulterà essere il numero di Ampere di corrente che lo possono attraversare senza danneggiarlo.
Per il momento abbiamo parlato di corrente e di resistenza ma cos’è che genera la corrente e. soprattutto, cosa la costringe a muoversi all’interno di un filo di cui deve vincere la resistenza?.
Ancora una volta l’analogia con il comportamento dei liquidi ci viene in aiuto.
Se prendiamo due recipienti uguali nei quali un liquido giunge alla medesima altezza e li colleghiamo con una tubazione, noteremo che, una volta riempito, attraverso il tubo non fluisce alcun liquido.
Questo è intuitivamente dovuto al fatto che la pressione che si esercita alle due estremità del tubo é la medesima e quindi l’insieme costituito dai due recipienti e dalla tubazione che li collega si trova in condizione di equilibrio.
Per alterare questa condizione è sufficiente introdurre del liquido in uno dei due recipienti.
Subito si potrà notare l’originarsi di un flusso che si dirige da quello a cui è stato aggiunto liquido verso quello il cui livello di liquido è rimasto invariato.
Lo stesso fenomeno si verifica con la corrente elettrica se noi creiamo agli estremi di un filo conduttore una differenza di potenziale o, come si dice normalmente, gli applichiamo una certa tensione.
La differenza di tensione, misurata in Volt. è la forza Che come per la differenza di quantità d’acqua nei due recipienti causa il flusso di corrente elettrica attraverso il conduttore. Ovviamente maggiore sarà tale differenza tanto maggiore risulterà essere la quantità di corrente che attraverserà il conduttore
Un esempio pratico di questo fenomeno lo si ha utilizzando una semplice batteria e collegando ai suoi morsetti una lampadina.
Il flusso di corrente che si crea e che si dirige dal morsetto a potenziale maggiore (+) a quello a potenziale minore (-) causerà l’accendersi della lampadina rendendo visibile il fenomeno,
La luminosità della lampada dipenderà dalla sua resistenza, maggiore la resistenza e tanto maggiore sarà la luminosità, La condizione equivalente a quella in cui il livello del liquido nelle due vasche ha il medesimo valore e quella in cui la batteria e scarica.
In questo caso i due morsetti hanno lo stesso potenziale (pari a zero) e in queste condizioni tra essi non fluirà alcuna corrente. Avendo chiaro cosa si intende per corrente. tensione e resistenza e come risultano essere correlate, diventa facile trovare per ogni apparecchiatura funzionante ad elettricità quale è la corrente necessaria per il suo funzionamento, sia essa la comune lampadina od il motorino della lavatrice.
Per trovare tale valore è sufficiente dividere il valore della tensione, misurata in Volt, fornita dall’impianto elettrico per il valore della resistenza dell’apparecchio collegato misurata in Ohm.
Cosi se applichiamo 220 Volt ad un filo di 10 Ohm di resistenza esso risulterà essere percorso da una corrente di 22 Ampere.
L’ultimo aspetto da chiarire, particolarmente importante di questi tempi di continuo incremento dei costi energetici. è quello inerente al consumo, Un’apparecchiatura a cui viene collegata una tensione V ed è percorsa da una corrente I si dice che consuma una potenza misurata in Watt pari al prodotto della tensione per la corrente.
A causa del valore della tensione e della corrente coinvolti nelle apparecchiature domestiche si parla usualmente di Chilowatt (kW = 1000 Watt).
Se colleghiamo alla rete di casa a 220 Voli una stufetta elettrica che a causa della sua resistenza viene percorsa da una corrente di intensità pari a 10 Ampere avremo un consumo pari a 220=10= 2,2 kWatt.
In base al consumo ed al costo dell’energia che viene data per Chilowatt consumati per ora (kW/h) si può risalire al costo energetico relativo al funzionamento di un’apparecchiatura.
Fatto casi 100 il costo di un kW/h una stufa che consuma 3 kW consumerà, rimanendo in funzione per otto ore una cifra pari 100=3=8 = 2400.
Il consumo in kW/h è generalmente indicato per tutti gli elettrodomestici ed è importante fare ad esso riferimento al momento dell’acquisto per avere una corretta valutazione dei costi di esercizio che potrebbero rapidamente compensare una piccola differenza di costo iniziale.
I motori elettrici
Come è stato accennato nell’introduzione i motori elettrici costituiscono la parte essenziale della maggioranza degli elettrodomestici. Chiariti gli aspetti inerenti alla corrente elettrica é ora necessario analizzare la struttura e le parti componenti di quelli che sono i motori che più frequentemente si incontrano: il motore ad induzione ed il comune motore a spazzola.
Entrambi i tipi sono formati da due insiemi di elettromagneti, lo statore, fissato alla carcassa esterna ed il rotore, imperniato sull’asse centrale dello statore che costituisce la parte che entra in rotazione trasmettendo il moto rotatorio alla parte esterna ad esso solidale.
Motore a spazzola
Il motore a spazzola è cosi chiamato a causa della sua stessa struttura. Al rotore sono infatti collegati due spazzole generalmente di grafite. Le spazzole sono solamente appoggiate sul rotore lasciandolo libero di muoversi.
La parte del motore su cui appoggiano le spazzole è costituito da un insieme di lamelle isolate una dall’altra disposte in modo da costituire una superficie cilindrica e prende il nome di collettore ad anello. L’insieme costituito dal collettore e dalle spazzole prende il nome di commutatore dì Pacinotti dal nome dello scienziato che per primo lo realizzò.
Il funzionamento di questo tipo di motore è abbastanza semplice.
Quando si alimenta II motore con una corrente elettrica la corrente fluisce nello statore e, attraverso le spazzole, nel rotore.
Si origina cosi un campo magnetico di indotto (rotore) che reagisce con il campo magnetico dell’induttore (statore).
Queste forze, non potendo agire sullo statore che è fisso, risultano essere applicate al rotore che entra in movimento.
Il vantaggio di questo motore rispetto a quello a induzione è che per il suo funzionamento può essere utilizzata sia la normale corrente alternata cosi come giunge nelle nostre abitazioni sia la corrente continua ottenibile da batterie ed accumulatori.
Motore ad induzione
Questo tipo di motore non richiede per il suo funzionamento la presenza di contatti striscianti (spazzole). Ha però lo svantaggio che per il suo funzionamento e necessario disporre di corrente alternata.
Oltre alle spazzole manca anche il commutatore su cui esse appoggiano e questo contribuisce a rendere il motore molto più compatto e silenzioso nel suo funzionamento.
L’alimentazione è fornita solamente allo statore che si magnetizza e che con un fenomeno di induzione (da cui il motore prende il nome) trasmette tale magnetizzazione al rotore che viene a trovarsi nel mezzo del campo originato dallo statore.
Sotto l’azione della corrente alternata il campo magnetico dello statore si inverte 50 volte al secondo in coincidenza con l’andamento sinusoidale della corrente ed é questa variazione che interagendo con il campo magnetico indotto nel rotore esercita su di esso delle forze che lo portano in rotazione.
Interventi di manutenzione
Gli interventi che possono essere realizzati su di un motore sono abbastanza limitati. Per il motore ad induzione poi, data la sua estrema semplicità, l’unico intervento per cui non è necessario ricorrere a personale specializzato è inerente alla verifica della libertà di rotazione dell’indotto e la sua eventuale lubrificazione.
Per il motore a spazzole le operazioni di manutenzione possono essere spinte fino alla sostituzione delle spazzole nel caso in cui si riscontri un funzionamento intermittente del motore che diventa sempre più pronunciato. L’utilizzazione di spazzole non adatte causa infatti un precoce deterioramento delle lamelle del collettore.
In tutti i motori le due spazzole sono diametralmente opposte rispetto all’asse di rotazione del collettore e sono tenute premute sulle lamelle da una molla inserita nel loro stesso alloggiamento.
Svitate le viti che tengono bloccate le molle si provvede alla estrazione delle spazzole, si pulisce il commutatore e si inseriscono le nuove spazzole nell’alloggiamento.
La corrente elettrica in un motore
La corrente che causa il campo magnetico nello statore e nel rotore giunge dalla linea di alimentazione ed origina questi campi circolando in due avvolgimenti realizzati attorno ai pacchi di lamelle che formano il rotore e lo statore. Questi avvolgimenti sono posti in serie il che significa che la corrente che li percorre é la stessa.
La corrente alternata prelevata dalla linea percorre prima uno dei due avvolgimenti dello statore, attraversa una delle due spazzole. percorre l’avvolgimento del rotore, esce dalla seconda spazzola e si richiude sulla linea di alimentazione dopo aver percorso il secondo avvolgimento dello statore.
In alcuni tipi di motori il metodo seguito nel realizzare gli avvolgimenti è piú complicato (tale da aumentare il rendimento in potenza del motore) e costituito da piú avvolgimenti di statore separati.
In tutti comunque il filo che si diparte dalla linea di alimentazione e che trasporta la corrente vi ritorna senza subire soluzione di continuità, cioè senza interrompersi.
Questo vincolo fisico della struttura del motore ed il tatto che sia percorso da un’unica corrente lascia intravedere la possibilità di verificare facilmente quando un motore elettrico non funziona se ciò sia dovuto o meno a rotture del filo che costituisce gli avvolgimene. Misurando con un Tester la resistenza tra i due morsetti del motore se il valore rilevato é infinito vuol dire che il filo è interrotto ed alla stessa conclusione si arriva se collegandovi un provacircuiti la lampadina non si accende.