La corrente elettrica è una forma di energia. Fisicamente è costituita dalla migrazione degli elettroni, che sono le particelle cariche negativamente dell’atomo, attraverso un conduttore.
Conduttore: è un corpo, un oggetto, che ha la caratteristica di far passare facilmente al suo interno l’energia (elettrica o termica). Sono buoni conduttori elettrici tutti i metalli (in particolare l’argento e il rame), l’acqua e il corpo umano.
Questa migrazione di elettroni rappresenta il flusso di corrente che si misura in ampère.
La tensione di corrente rappresenta la differenza di potenziale con la quale l’elettricità arriva nelle nostre case o agli impianti industriali. La tensione si misura in volt e, come è noto, questa è di 220V per le utenze domestiche e di 380V per quelle industriali.
Dei due conduttori che arrivano all’utilizzatore finale provenienti dalle linee dell’alta tensione – che trasportano la corrente dalle centrali – uno solo porta corrente, la fase, mentre l’altro, il neutro, è scarico e fa passare corrente solo quando si inserisce nel circuito un qualsiasi utilizzatore che lo chiuda.
Gli utilizzatori (lampadine, elettrodomestici, eccetera) funzionano perché al loro interno sfruttano una resistenza. La resistenza si oppone al passaggio della corrente e utilizza in questo modo l’energia che le serve. La resistenza si misura in ohm.
Nel momento in cui la corrente di passaggio all’interno dell’utilizzatore collegato all’impianto viene catturata dalla resistenza avviene il consumo di energia. Come appare ovvio il consumo dipende da quanto “mangia” l’utilizzatore e questa caratteristica si chiama potenza e si misura in watt. Per rendere più chiari questi concetti facciamo alcuni esempi di tutti i giorni; sappiamo benissimo che le lampadine non sono tutte uguali, e neppure gli elettrodomestici hanno sempre le stesse caratteristiche. La luminosità delle lampadine a incandescenza, ad esempio, varia al variare della loro potenza: un bulbo da 100 watt fornisce più luce di uno da 60 watt.
Allo stesso modo, un forno a microonde offrirà prestazioni migliori tanto più sarà potente. Per quanto riguarda l’aspetto del consumo e del risparmio rimandiamo a una sezione più avanti.
Indice
COME ARRIVA LA CORRENTE ALLE NOSTRE CASE
Dalle linee ad alta tensione (quelle che sormontano i tralicci che solcano le campagne attorno alle città) la corrente arriva alle cabine di distribuzione e, da qui, viene diretta, attraverso i due conduttori, verso le abitazioni.
A questo punto è collegato il contatore che, a sua volta, è collegato a un interruttore generale. Come è noto, il contatore è un apparecchio sul quale la società distributrice dell’energia e può rilevare i consumi effettuati tra una lettura l’altra; l’interruttore generale, detto anche limitatore, ha la funzione di regolare l’utilizzo della corrente da parte dell’utente collegato. In altre parole, questo interruttore è tarato su un valore di assorbimento fissato al momento della stipulazione del contratto di erogazione; se si adoperano allo stesso momento più utilizzatori con una potenza complessiva superiore a quella sopportata dall’interruttore, questo scatta aprendo il circuito e bloccando l’erogazione di elettricità.
Il contratto tra società erogatrice e utente riporta la potenza che quest’ultimo intende impegnare nella propria abitazione; le potenze che si possono scegliere sono: 1.5 -3 – 6 -10 KW. In genere, per abitazioni normali, in cui siano presenti i soliti elettrodomestici, una potenza impegnata di 3 KW può essere sufficiente. Solo nel caso si propenda per il riscaldamento elettrico o si preveda di utilizzare frequentemente numerosi utilizzatori, la scelta potrà cadere su potenze maggiori. Naturalmente a potenza maggiore corrisponde una quota fissa bimestrale più alta da corrispondere alla società erogatrice.
UN FATTORE DI SICUREZZA – LA TERRA
Bisogna sapere che sono sempre possibili guasti e danneggiamenti alle protezioni isolanti che ricoprono i cavi conduttori presenti nell’impianto di un’abitazione; ciò può comportare, oltre al rischio di contatto diretto con i fili scoperti da parte di persone, anche a delle dispersioni di elettricità lungo le parti metalliche di elettrodomestici e utilizzatori. In questi casi toccare queste parti risulta altamente pericoloso. La soluzione a questi inconvenienti è l’impianto di messa a terra, ormai presente per legge in tutti gli edifici di nuova fabbricazione.
Come funziona la terra
L’impianto di messa a terra disperde la corrente “fuoriuscita” dai conduttori scoperti scaricandola al suolo, attraverso dei picchetti metallici conficcati nel terreno.
A questi paletti è collegato un cavo di adeguate dimensioni che proviene dalla scatola di distribuzione. Alla scatola arriva da ogni presa, insieme ai due conduttori di fase e neutro, anche un terzo filo – la terra appunto – che ha la funzione di raccogliere la corrente dispersa.
In pratica, l’elettrodomestico nel quale avviene la dispersione dai conduttori, se ha le sue parti metalliche ben collegate alla terra, scarica la corrente (che altrimenti rimarrebbe al suo esterno) al cavo di terra della presa a cui è collegato.
L’INTERRUTTORE DIFFERENZIALE
Probabilmente la maggior parte delle persone lo conosce come salvavita perché la sua funzione è quella di staccare l’erogazione di corrente agli utilizzatori nel momento in cui c’è una situazione di pericolo elettrico. L’interruttore differenziale deve essere montato a valle (cioè dopo) l’interruttore generale. Il suo meccanismo di funzionamento è piuttosto semplice: in pratica al suo interno transita sia la corrente in arrivo, attraverso il conduttore in fase, sia quella di ritorno, attraverso il conduttore neutro.
Teoricamente queste due correnti, in condizioni di normalità, sono equivalenti.
In questo caso l’interruttore non agisce e il circuito al quale è collegato funziona in maniera corretta.
Se all’improvviso le due correnti, di arrivo e di ritorno, non sono più equivalenti, nell’ordine di una differenza di 30 milliampère, l’interruttore salvavita scatta, togliendo immediatamente (in un batter di ciglia) la corrente da tutto il circuito.
Perché scatta il salvavita
I motivi per cui il salvavita interviene sono essenzialmente due. Il primo è quando una persona tocca accidentalmente un conduttore in fase prendendo la cosiddetta “scossa”; in questo caso la corrente, non incontrando nessun isolante a contenerla, passa attraverso il malcapitato per scaricarsi al suolo. Il salvavita interviene all’ istante togliendo corrente e, tenendo fede al suo nome, salvando la vita dello sfortunato. Successivamente sarà necessario soltanto agire sull’interruttore differenziale per ridare corrente all’impianto.
Il secondo motivo è la dispersione attraverso gli utilizzatori da parte di un conduttore non isolato (ne riparliamo nella parte riguardante il “corto circuito”). Questa dispersione provoca una differenza maggiore del consentito tra fase e neutro facendo scattare immediatamente il salvavita. A differenza del primo caso, non sarà possibile ridare subito corrente alzando l’interruttore differenziale, ma prima dovrà essere individuato il punto in cui avviene la dispersione e isolarlo, staccando la spina, dall’impianto. Solo allora, eliminata la causa dello squilibrio che fa intervenire il salvavita, si potrà tranquillamente ridare corrente.